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Primo maggio. Comunicazioni

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tutti gli anni in occasione della festa del Primo Maggio alla Società operaia ricordavamo la giornata da sempre considerata anche la festa del nostro sodalizio; quest'anno però non potremmo farlo e per questa ragione mi permetto di girarvi (grazie all'aiuto del "nostro tecnico" Enrico Gorla) questo scritto che la ricorda storicamente e che spero possiate apprezzarlo: sarebbe infatti bello condividere con tutti (come mi è stato suggerito dal segretario Oscar Marchesi) questa ricorrenza di "vera libertà creata dal lavoro".

 

Angelo Stroppa, presidente.

 

Le origini del Primo maggio nel Lodigiano

 

La decisione era stata presa il 20 luglio con una risoluzione del Congresso socialista che a Parigi, nello stesso mese del 1889, aveva fondato la Seconda Internazionale: i lavoratori <<sarebbero scesi in lotta contemporaneamente il giorno convenuto>> per ingiungere <<ai poteri pubblici di ridurre legalmente a otto ore la giornata lavorativa>>, nonché di attuare altre decisioni congressuali.

<<Una grande manifestazione – si leggeva nel comunicato ufficiale – sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di attuare per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi>>.

Quando si passò a definire la data, la scelta cadde sul 1° maggio 1890.

Una decisione quasi obbligata: il Congresso aveva fatto propria una decisione già presa negli Stati Uniti dall'"American Federation of Labour". Per gli operai americani quella data aveva un valore simbolico, significava riprendere la lotta interrotta tre anni prima, nel 1886, quando una grandiosa e pacifica manifestazione per le otto ore, svoltasi a Chicago proprio il Primo maggio, era stata repressa nel sangue. Con la scelta di quella data si volle, onorare, soprattutto, <<il ricordo delle vittime operaie uccise mentre lottavano per la conquista delle otto ore [di lavoro] e come giornata finalizzata allo stesso obiettivo, tappa obbligata sulla strada della completa emancipazione>>.

La festa del lavoro nacque comunque da due precise esigenze: da un lato la volontà di dimostrare la compattezza del movimento dei lavoratori su precisi obiettivi politici e sociali, dall'altro il desiderio di dare il segno tangibile di una propria organizzazione e quindi di regole specifiche, consuetudini e feste, autonome e distinte da quelle dello Stato e della Chiesa.

Il periodo stesso in cui cadeva la manifestazione, la primavera, aumentava il significato simbolico della celebrazione che, fin dall'inizio, venne chiamata "Pasqua dei lavoratori" a sottolineare il suo aspetto di rinascita e di speranza per il futuro.

In Italia fu Antonio Labriola a cogliere subito il significato della giornata: <<Quella festa è un segnale e una promessa; quella festa è un patto e un augurio. Non è più il tempo delle cospirazioni e delle sommosse. Quella festa vuol dire "solidarietà universale", ma pubblicamente, all'aperto; vuol dire l'effetto pratico e maturo della Internazionale di gloriosa memoria; vuol dire resistenza organizzata ma di veri operai, non mescolati a caso ai "radicalucci" e ai "piccolo borghesi", di veri operai non ingannati politicamente, non fuorviati dai mestatori, non confusi coi turbolenti senza scopo e coi figuranti di dimostrazioni; vuol dire – concludeva lo scritto del filosofo marxista -- che chi conosce la via che gli tocca percorrere ne [conosce] anche le varie e successive stazioni>>.

Giorno di lotta consapevole, dunque, di un proletariato che aveva ormai acquisito piena autonomia e coscienza di classe, che non si subordinava più alla piccola borghesia e sapeva respingere le suggestioni del sovversivismo. In Italia, si augurò Labriola, quella giornata avrebbe potuto acquistare il significato di <<festa d'ingresso ufficiale nel socialismo>>.

Precedute da riunioni preparatorie, specie nel Nord e nel Centro della penisola, le manifestazioni italiane del Primo maggio 1890 si svolsero in numerosi centri. Nonostante il clima di tensione creato dal diffondersi di voci allarmistiche e dalla presenza massiccia delle forze dell'ordine, si formarono, ovunque, grandi o piccoli assembramenti di operai.

Dal 1890 a Lodi, Casalpusterlengo e Codogno l'adesione alla giornata di lotta fu manifestata singolarmente da alcuni lavoratori: <<Oggi avrà luogo -- ricordava il bisettimanale lodigiano "Corriere dell'Adda" del 1° maggio 1890 -- l'agitazione mondiale operaia per la riduzione della giornata di otto ore e per ottenere che il primo Maggio sia dichiarato festivo pei lavoratori. E' da ritenersi che a Lodi non si avrà nessuna dimostrazione collettiva>>.

Anche "Il Po", il settimanale di Codogno, confermava la calma della giornata: <<Veramente da noi non vi fu mai il ben che minimo dubbio che in quel giorno la tranquillità pubblica potesse venir turbata. I nostri operai hanno troppo buon senso per non comprendere che quella agitazione extra legale sarebbe tornata tutta a loro pregiudizio e fecero benissimo a non lasciarsi adescare (...). Nullameno anche il nostro [di Codogno] Ufficio di P. S. pubblicò il suo bravo Decreto che vietava in quel giorno ogni pubblica riunione, ogni assembramento o dimostrazione. La tranquillità non fu menomamente turbata, tutti gli operai -- chiudeva il cronista -- si mantennero al lavoro, e le apprensioni di qualche pusillanime furono pienamente smentite>>.

Fin da quella primavera del 1890 però anche il <<movimento operaio lodigiano av[eva] maturato la piena consapevolezza che la lotta per le otto ore>> si sarebbe dovuta coniugare con tutta una serie di importanti questioni come la solidarietà, la salute, la cultura, la socialità, l'educazione famigliare e l'assorbimento della disoccupazione.

La manifestazione era stata prevista originariamente solo per il 1890 ma il successo che aveva caratterizzato l'iniziativa sollecitò i partiti socialisti europei a rinnovarla anche per il 1891.

In seguito <<rilevato il notevole impulso venuto al movimento operaio dalle due giornate internazionali di lotta>>, si decise infatti di rendere permanente la <<giornata come festa dei lavoratori di tutti i paesi, nella quale [questi ultimi avrebbero dovuto] manifestare la comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà>>.

Iniziava così la lunga tradizione del Primo maggio, un appuntamento al quale i lavoratori si preparavano con sempre minor improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore veniva accantonato per lasciare posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti.

Anche a Lodi, alla vigilia del Primo maggio 1891, il Governo adottò una serie di severe misure tese a vietare, o almeno ad ostacolare, ogni corteo e comizio; vennero allertati tutti gli apparati repressivi.

Nella "Determina" del 24 aprile 1891 pubblicata in un manifesto del Sottoprefetto del Circondario di Lodi si leggeva, infatti, che sarebbero state <<assolutamente vietate, per ragioni di ordine pubblico, tutte le processioni o passeggiate in forma collettiva lungo le Vie e le Piazze in tutti i comuni indistintamente di questo Circondario [di Lodi], intese a solennizzare le manifestazioni dei lavoratori per il 1° Maggio p.v. [1891]; qualunque [fosse] il giorno in cui tali processioni [avessero dovuto] aver luogo. [Erano] altresì vietati gli assembramenti che in opposizione al sopra accennato divieto si potessero verificare>>.

Fra i lodigiani però l'idea della festa stentava a farsi largo e la partecipazione si rivelò quasi inesistente; ebbe luogo solo qualche episodio di generica sensibilizzazione attraverso un modesto volantinaggio. Quindi nessun <<turbamento dell'ordine pubblico>>, tanto che il settimanale lodigiano "Corriere dell'Adda" del 30 aprile 1891 scriveva <<In una delle passate sere, attratti da alcuni foglietti sparsi in una via della città, ci siamo lasciati vincere dalla tentazione di raccoglierne uno per vedere di cosa si trattasse. Vi trovammo scritto con matita colorata "Fratelli tutti uniti per il 1° maggio d'abbattere questo infame governo. Forza coraggio". Quel parto sgrammaticato d'una testa squilibrata non ci ha fatto punto nè poco meraviglia, manco poi l'abbiam preso sul serio (...). Questo abbiam detto per toccare un argomento d'occasione, non perché sia nato in noi alcun dubbio sulla serietà di propositi dei nostri operai>>.

Fatto ribadito, fra l'altro, anche dal "Fanfulla da Lodi" del 2 maggio che confermava: <<Alcuni foglietti dimenticati o meglio sparsi furtivamente e quasi timidamente per le strade e inneggianti alla repubblica colle indispensabili invettive contro il Governo attuale, furono i prodromi che annunciarono nella nostra città la festa operaia, che del resto trascorse quieta e tranquilla come ogni altra giornata dell'anno (...). L'unico segno esteriore che comparve ieri [1° maggio] nella nostra città -- concludeva il liberal-democratico settimanale lodigiano -- è stata la bandiera tricolore che sventolava sul corso Milano, alla sede delle Associazioni operaie che alla sera poi venne adorna[ta] di palloncini d'illuminazione>>.

Soltanto col Novecento però la giornata del Primo maggio, ormai quasi svuotata del suo carattere sovversivo originario, assumerà sempre più l'aspetto di una festa e, come tale, sarà conquistata <<dalle lotte operaie che la posero fra le loro rivendicazioni>>.

 

Angelo Stroppa